martedì 6 marzo 2018






Capitolo XIV

 

(trascrizione a cura di Giovanni Lo Presti, Salvatore Salmeri e Massimo Tricamo)

 

con aversi retirato in casa del signor Don Antonino Proto, vicino il convento di San Domenico.

 

Il campo imperiale situato tra Pozzo di Gotto e Merì. Il conte di Mercy spesso a pranzo al convento di S. Domenico Tutto il campo tudesco si congregò dal territorio della città di Puzzo di Gotto sino alla terra di Mirij, dalla parte della marina. Con tutto che il signor generale Mercij abitasse nel campo colle truppe, sovente si conferiva nel convento di San Domenico, ove pranzava col signor generale Zumiungen (come seguì in detto giorno). E la sera retornava al suo campo.

 

Giungono in città oltre 200 disertori spagnoli. Riferiscono i movimenti delle proprie truppe in marcia da Rodì verso Francavilla e Messina Desertarono in questa sera più di 200 spagnuoli, con aversi conferito in questa città. Li quali s’aveano sbadato dal loro campo. Affermarono che le truppe spagnuole, avendosi partito dal casale di Rodì (ove s’aveano trattenuto per più giorni), ascesero per le montagne per la parte di Francavilla, distante da questa città da miglia [segue lacuna nella copia, ndr], per passare doppo per il piano verso la città di Messina.

 

Rientro nel centro urbano di molti civili costretti nella Piana durante l’Assedio. Contadini dei comuni del circondario forniscono mule alle truppe austriache a prezzi da capogiro, necessarie per affrontare il viaggio al seguito delle truppe nemiche Liberamente entrarono in città molt’altri paesani che si aveano retrovato nella Piana. Ed altri che dimorarono per il tempo dell’abblocco [blocco, ndr] delli Spagnuoli e loro assedio nelle parti convicine. Con aversi alcuni principali fatto riconoscere dal signor generale Zumjungen. E pure molti villani della comarca da più giorni innanzi, come continuarono, aveano disceso nella città per vendere frutti e molti commestibili. Anzi condussero molte e molte cavalcature, specialmente mule per venderle, avuta la notizia che dagli officiali tudeschi venuti con l’armata, come gl’altri che da più tempo aveano stato di presidio in questa città, si ricercavano con molta ansietà, dovendo seguire il campo spagnuolo. Anzi dalli medemi non si badava al prezzo.

 

Promulgazione dell’indulto S’ha promulgato per tutta questa città l’indulto generale dell’augustissimo imperatore, come nostro monarca e re, in stampa, così in lingua italiana come spagnuola, tutto in un foglio. Quale, per appagarsi il lettore specialmente nella clemenza d’un sovrano benignissimo, si descrive per intiero [nella presente copia del manoscritto tuttavia l’indulto non viene trascritto, ndr].

 

Serie di furti notturni ai danni dei residenti nella Piana Hanno seguito più e più furti e latrocinj nella Piana, in particolare nella notte , con aversi derubato tutto quello mobile che in essa s’avea conservato dalli cittadini di questa. Con togliersi inoltre le porte e fenestre di tutte le case. E nemeno si puotè procedere ad alcuna lamentazione, nonché aprir la bocca, o per non aversi notizia del ladro o, conosciuto, non demostrarsi impertinente.

 

31 maggio 1719

Spedizione di 2.800 militari austriaci per costringere Lipari alla resa, costretti tuttavia a tornare indietro per le avverse condizioni meteorologiche 31 maggio. Partirono la notte scorsa 2800 soldati tudeschi (nel quale numero alcuni di cavallo) per l’Isola di Lipari, con quattro navi inglesi di guerra e molt’altre navi e tartane, corredate tutte di provisioni di guerra, per farla venire all’obedienza dell’arme cesaree e cattoliche del nostro Re Carlo. O, placidamente, tutte le volte che non verrà all’obedienza, o[p]pure a fuoco e ferro, se oppugnerà con alcun ostacolo. Bensì per il tempo contrario di Ponente e Maestro fu necessario far retorno tutta sudetta armata nel porto di questa.

 

Avanzamento verso il centro urbano dell’accampamento imperiale, collocato tra le contrade Santa Dorotea e Grazia, ossia un poco più in là del campo spagnolo Tutte le truppe cesaree s’accamparono in questa Piana un puoco più della parte superiore del luogo ove si aveano prima accampato quelle delli Spagnuoli, nella contrada nominata di Santa Dorotea, per la parte di Ponente, sino alla chiesa della Madre di Dio della Grazia, verso Levante.

Prosieguì sino a questo giorno il disbarco del bagaglio dell’off[icia]li venuti sopra l’armata con altre provisioni, che per certo furono in quantità considerabile, dovendo esser sufficienti per tanta moltitudine di soldati nuovamente condotti, oltre quegli che in questa si ritrovavano.
 
 
 

 

Le truppe piemontesi attendono d’imbarcarsi alla volta di Siracusa. Giungono a Milazzo i militari di presidio a Pozzo di Gotto sin dai tempi del blocco: erano i cosiddetti “residenti”, truppe ormai inutili e per questo non richiamate in Spagna Tutte le truppe savoiarde e piemontesi, che dal principio dell’abblocco ed assedio delli Spagnuoli sempre hanno commorato in questa città di presidio, unitamente con tutti gli loro officiali, stavano su la partenza per condursi con barche per Siragosa, aspettandosi il tempo proporzionato.

In questo giorno comparvero in questa città quasi tutti quegli spagnuoli con il loro capitano dalla città di Puzzo di Gotto, ove dal principio dell’abblocco delli medemi Spagnuoli s’aveano trattenuto. Stante che reso tutto il Regno, con aversi renunciato al Re Vittorio Amedeo Duca di Savoia dal Re di Spagna, tutte le truppe che presidiavano l’Isola per detto Re di Spagna s’allontanarono con aversi conferito nella Spagna a servizio del loro Re. Con aver rimasto tutti quelli soldati li quali non poteano più servire, nomandosi residenti, delli quali in questa città se ne retrovava una compagnia al numero di sessanta col detto capitano, christiano di nazione [segue lacuna nella copia, ndr], prima eretico [segue lacuna nella copia, ndr] e doppo retornato nel grembo della Santa Romana Chiesa con aversi fatto catolico. Avendo tutti il loro soldo a conto del sudetto Re di Spagna sopra quelle rendite nel contado di Modica per esso rimaste, delle quali tenea lo sopraintendente.

 

I soldati residenti, a causa della mancata liquidazione delle proprie paghe, si rivolsero nei mesi precedenti al maresciallo di campo Domenico Lucchese, che venne incontro alle loro pretese a patto che si trattenessero a Pozzo di Gotto Ma seguito l’abblocco sudetto non se li somministrò più né il soldo solito, né il pane di monizione giornale, come prima dagli officiali di Savoia e di Piemonte. Perloché, vedendosi quasi derelitti, si retirarono nella Piana con aver ricorso al signor tenente coronello Don Domenico Lucchese, qual allora reggea col dominio quelle truppe che da principio vennero nella Piana. Ed ottennero dal medemo ed il loro solito soldo ed il pane di monizione ogni giorno, con ordine espresso che tutti si trattenessero in detta città di Puzzo di Gotto.

 

I suddetti residenti, in seguito alla fuga delle proprie truppe dal campo spagnolo ed in assenza di denaro, si rivolgono al generale Zumjungen per ottenere un sussidio, che purtroppo viene loro negato, stante la congiuntura in atto. Costretti di conseguenza a chiedere l’elemosina Onde fuggitosi tutto sudetto campo spagnuolo li giorni scorsi, come si raccontò, e non avendo questi residenti più formalità di sostentarsi, ricorsero nella maggior parte col detto loro capitano christiano al sudetto signor generale Zumjungen, affinché s’ottenesse alcun sussidio per non perirsi di fame. E tutti ebbero l’esclusiva, asserendosi dal medemo signor generale non esser tempo nel fervore della guerra di provvisionarli. Tanto che per essere quasi tutti chi vecchio, chi zoppo, chi cieco e chi stroppio, e non atti al travaglio, principiarono a questuar l’elemosina in detta città di Puzzo di Gotto, sbadandosi in molte parti. Il che recava, nonché un meraviglioso stupore, una lacrimevole compassione, specialmente a tutti quei che l’aveano conosciuto gli tempi scorsi dominando nel Regno gli Spagnuoli. E forse che per la loro miseria e per li gravi patimenti sofferti non abbiano patito di necessità.

 

1 giugno 1719

Nuovo tentativo di spedizione verso Lipari Primo giugno. Sedato il vento da Ponente e Maestro, partirono per Lipari in detto giorno su l’alba quattro galere con altre quattro navi inglesi e diece tartane piene d’infanteria tudesca, al numero di 2800. E con centoventi cavalli, affinché si facesse venire all’obedienza di sua cattolica e cesarea maestà con l’arme, tutte le volte fosse quell’Isola pertinace al rendimento. Tutte sudette truppe furono guidate sotto il comando del signor barone de Serkendorff, generale maresciallo tenente e coronello d’un regimento d’infanteria per sua maestà cesarea cattolica. Conducendosi sopra dett’armata gran quantità di bombe, con ordine espresso di farsi il sacco alla città tutta se al primo avviso non s’avesse reso. Bensì nella prima partenza fatta da dett’armata per quell’isola - e retornata doppo per il vento contrario - s’avea dato altr’ordine più rigoroso di trucidarsi tutti quei isolani se avessero impugnato l’arme a favore delli Spagnuoli [e] contro quelle della maestà di Carlo Terzo imperatore. Ma tal’ordine, per bontà del signor generale comandante, fu reformato come si descrisse.



 

Cannonate nell’isola di Lipari fanno ipotizzare un intervento armato della popolazione La sera s’intesero disparare molte cannonate nella città di Lipari. Perloché si credette che avessero impugnato l’arme per defendersi. Alcuni, però, più intendenti attestavano che non fosse veridica la credenza di voler pugnare quei isolani, ma che il fuoco delli cannoni avesse seguito d’ordine di quel comandante a devozione del Re di Spagna. Onde ogn’uno la discorrea siccome li dettava il suo proprio intendimento ed inchinazione.

 

Provvedimenti urgenti in materia sanitaria e cimiteriale, scaturiti a seguito di emergenze igienico-sanitarie. Si seppellivano infatti i cadaveri in fosse poco profonde al Borgo (in prossimità delle chiese di S. Rocco e dell’Immacolata), a Vaccarella e, tra l’altro, alla base della cittadella fortificata, con seri inconvenienti: spesso le salme riaffioravano dal terreno, scoperchiate da cani e maiali. Si provvede pertanto a seppellire per il futuro le salme al di fuori della mura urbiche con fosse di gran lunga più profonde. Ampliate anche quelle fosse che già ospitavano cadaveri all’interno delle stesse mura urbiche S’attese con ogni speciale attenzione dalli signori generali tudeschi, assistendo il signor Protomedico generale di tutte le truppe cesaree, che s’avesse riguardo per non infestarsi l’aria. Non tanto per la molta quantità d’ammalati, che allora si ritrovavano, come per aversi sepellito tanti e tanti cadaveri pure dentro la città in alcuni luoghi deputati, senza la circospezione dovuta. Perloché per evitarsi l’infectione, della quale molto si temea, si retirarono tutti gl’infermi in parti spatiosi nel convento del Carmine ed in quello di San Francesco di Paola ed altre, togliendosi d’alcune case anguste nelle quali stavano affollati l’ammalati, con apparente segno di corrompersi l’aria. Ed inoltre si fece espresso ordine che in avvenire non si dovessero sepellire più cadaveri dentro la città come pria, cossì vicino le chiese di San Rocco, San Leonardo della Concettione, sopra il Monte, e sotto le mura della Cittadella; e nelle strade di Vaccarella e del Giardinello ed altre. Da quelle si sepellissero in campagna, o nel Purracchito o fuori la porta del Capo, con farsi profonde fosse. Con aversi per tal causa deputati alcuni soldati con zappe. Anzi, per tutti quei cadaveri che erano stati sepolti nel terreno e nella superficie di esso, si fecero le fosse più profonde per evitarsi alcun contaggio. Ed invero s’avea processo nel sepellirsi gli cadaveri con molta poca attenzione per il passato, mentre facilmente si discuoprivano o in tutto o in parte li cadaveri, specialmente ove solevano intervenire animali porcini o altri consimili, dalli quali si discoprivano. E successe più volte che, concorrendo in detti luoghi gli cani, si pascevano delli corpi morti, oltre che era così intolerabile il fetore delli cadaveri che si discuprivano, che non si potea soffrire. Almeno si diede alcun metodo sopra il sepellirsi gli cadaveri e manutenimento delli poveri infermi. Non passando giorno che non morissero almeno trenta in quaranta, ma doppo si scemò tal quantità in altra più picciola. La diligenza del nomato signor Stefano Jerger, tudesco Protomedico, fu molto esemplare. Ed attese con ogni vigilanza.

 

2 giugno 1719

Prigionieri spagnoli vengono imbarcati per essere trasferiti a Napoli. Le truppe piemontesi coi loro ufficiali preparano l’imbarco per Siracusa 2 giugno. In questo giorno al tardi s’imbarcarono sopra alcune tartane tutti quei spagnuoli li quali aveano rimasto sequestrati come prigionieri di guerra per condursi in Napoli.

Principiarono tutte le truppe savoiarde e piemontesi cogli loro officiali a farsi imbarcare sopra alcune tartane a ciò deputate tutto il loro bagaglio per passare in Siragosa.

 

3 giugno 1719

Giacomo Fusari Grimaldi osteggiato a Capo d’Orlando e ben accolto a Patti A 3 giugno. Don Giacomo Fusari e Grimaldi - inviato serio dal signor ambasciadore cesareo da Roma al signor generale Zumjungen dal mese di gennaro - il quale s’avea conferito in Patti con li giurati di essa città con ampla [ampia, ndr] patente per la promulgazione dell’indulto generale per tutta quella Comarca (siccome s’ha espressato), retornò da quella città. Riferì aversi condotto sino allo scaro di Capo d’Orlando, miglia cinquanta da questa città, e che non puotè far disbarco in quello scaro per aversi ritrovato in quella Marina e parti convicine tutte le milizie del paese in arme a favore del Re di Spagna. Anzi, li furono disparate più cannonate dal forte del detto scaro. Peronde fu costretto retornarsene, avendo avuto gli marinari che lo conducevano colla barca di trasportarlo passata la Marina sudetta [periodo di oscura comprensione, a causa probabilmente di qualche parola saltata durante la trascrizione dal manoscritto originale, ndr]. Affermando inoltre che solamente Patti colla terra di Gioiosa, qual esiste da miglia sei di sopra detta città di Patti, si resero all’obedienza di sua Cesarea e Cattolica Maestà. E data la sudetta relazione al signor generale Zumjungen, la medema sera partì sopra una palanca con trenta soldati tudeschi granatieri per conferirsi per la marina sudetta di Capo d’Orlando. E più innanzi per la promulgazione del sudetto indulto.

 

Il generale conte di Mercy nel campo imperiale nella Piana. Notizie poco attendibili da Messina Tutto il campo tudesco delle truppe, le quali ultimamente aveano venute da Napoli e Tropea, così d’infanteria come di cavalleria, si retrova nella Piana di questa assieme col signor generale Mercij. Bensì questi ogni giorno si conferiva in città, discorrendo gli affari necessarij per la guerra. E si attendea l’esito dell’isola di Lipari per determinarsi il maggior servizio della maestà del Re Carlo collo trasporto delle truppe.

Si propalò che li Spagnuoli avessero atteso guagliardamente a fortificare lo scaro e torre del Faro di Messina. Con altre dicerie, [al]le quali, per essere seguite in parte lontana, non si puotè attribuirsi a darsi la credenza.

 

Rientro in città dei civili rifugiatisi al Capo per il timore delle cannonate e delle bombe. Alcuni notabili impossibilitati a rientrare nelle proprie abitazioni in quanto distrutte o occupate da ufficiali e soldati austriaci Quei paesani che si ritrovavano nel Capo da molto tempo innanzi, retirati per il timore delle palle di cannoni e delle bombe, s’andavano retirando in città. Solamente rimasti alcuni, cossì de’ principali come cittadini, per non aver ritrovato luogo né abitazione per albergare, per esserli a molti dirupate le case ed ad altri prese per commorare diversi officiali e soldati tudeschi. Anzi, avendo partito molti e molti comandanti ed officiali e per la città di Messina ed in altre parti, nemeno lasciarono le case che prima teneano per la loro abitazione per aver ripostato in esse il loro bagaglio. E in molte o le loro mogli o amiche. Perloché era grandissima la confusione. E[p]pure era vuopo soggiacere, senza potersi asserire la necessità urgentissima che soffrivano gli cittadini. Benché sovente in ogni giorno avessero continuato gli abitatori di questa, li quali si ritrovavano nella Piana e terre convicine, a retirarsi, nondimeno alcuni non puoterono ciò effettuare per non aver luogo ove abitare, tanto che furono forzati retornarsene con molto loro cordoglio.

 

4 giugno 1719

Le truppe piemontesi (600 unità) abbandonano la cittadella fortificata e s’imbarcano per Siracusa 4 giugno. Discesero dalla Cittadella, ove commoravano, squadronate, tutte le truppe di Piemonte e di Savoia cogli loro officiali. Con aversi imbarcato sopra molte tartane per condursi in Siragosa, nella quale città si retrovava il signor conte Maffei, viceré per la maestà di Vittorio Amedeo in questo Regno. Con tutto che non s’avesse cessato sino per tutta la notte di portarsi le loro robbe e provisioni di viveri in molta e copiosa quantità, consistenti in più centinara di sacchi di farine ed altrettanti di formenti, ogli, tonnine, sarde, carni salate, vini ed altri. Per certo che dette provisioni e bagaglio fu[rono] quasi inestimabile, dovendosi presupponere che si tenea in questa città tutto il bagaglio di molti migliara di officiali e soldati della detta nazione dal principio che incominciarono a dominare il Regno. E nella partenza non eccedettero il numero di quattrocento, tolti altri duecento soldati infermi, li quali unitamente s’imbarcarono. E si riconoscette che tutti di mal genio e discontenti si partirono dalla città. E molti, volendo dissimulare, con un riso sardonico demostrarono partirsi giolivi, ma nell’interno si rammaricavano. Anzi, alcun’altri publicamente mormoravano gli paesani, con darli molte imprecazioni senza ragione. Ma quei che la discorrevano saggiamente si partirono con tutta quella soddisfazione che se li dovea, avendosi complito dalli cittadini secondo il loro merito.

 

I militari spagnoli infermi trasferiti da contrada S. Marina all’ospedale allestito nella chiesa dell’Immacolata al Borgo Ad ora di Vespro furono trasportati dal casale di Santa Marina tutti quelli soldati spagnuoli remasti infermi, allorché il loro campo si partì furtivamente dalla Piana. Con aversi condotto in questa città sopra alcuni carri tirati da bovi, ad uno ad uno, per curarsi. Ed altri con altra providenza di cavalcature. Con aversi rimesso nell’ospidale nella chiesa dell’Immacolata Concettione di Nostra Signora Maria sopra il Monte, nel quale s’attese con ogni equità, carità ed attenzione conveniente affinché fossero guariti. Con aversi speciale cura più di quella che si somministrava agli soldati nazionali.

 

Notizie sulle imbarcazioni in partenza da Milazzo e sul campo austriaco Pure in detto giorno partirono per Calabria molte tartane, essendo di retorno. Ed altre fecero il viaggio per il Faro di Messina.

Il campo tudesco sin a detto giorno persistette nella Piana con tutti gli loro officiali, con tutto che questi giornalmente avessero venuto in città, specialmente il signor generale Marcij per discorrere col signor generale Zumjungen. E da questo si passava in detto campo.

 

Oltre venti militari spagnoli disertano durante il trasferimento delle truppe verso Francavilla. Trasportati a Milazzo 33 militari austriaci feritisi durante l’attacco a Lipari Vennero ventitre desertori spagnuoli in città per aversene fuggito per il camino, allorché il loro campo prese la strada per le montagne.

Furono condotti con barca inviata seria dall’isola di Lipari trentatre soldati tudeschi granatieri feriti per curarsi. Stante che nel disbarco che si fece dalle truppe inviate per quell’isola, per renderla al vassallaggio di Sua Cesarea e Cattolica Maestà, si fece oppugnazione e dalli soldati spagnuoli che presidiavano la città e dalli paesani coll’arme, tanto che li suddetti restarono feriti gravemente ed altri furono uccisi. Oltre quei, li quali pure conseguirono ferite, ma per essere di puoca considerazione restarono coll’armata. Ed in detto giorno si stava con molt’anzietà per sapersi la riuscita dell’assalto fatto a quell’isola e come successe la resa con ogni distinzione.

 

Accurata descrizione dell’attacco di Lipari da parte delle truppe austriache La medema sera venne un dispaccio con barca seria alli signori generali tudeschi [di] come Lipari s’abbia reso all’obedienza dell’arme cesaree. Poiché, avendo andato parte dell’armata in detta isola (come si descrisse), primariamente s’inviò in città persona deputata per sentire se si volea attendere a devenirsi al rendimento. Che altrimenti s’avrebbe processo con arme ostili a superarla. Ma, recalcitrando quel presidio spagnuolo con molti paesani, con quello associati, con l’asserzione esser vassalli del Re di Spagna. D’ordine del signor comandante, a tal effetto rimesso, si fecero descendere tutte le truppe tudesche, con attendersi al disbarco nella contrata nomata il Cannitello. E volendo salire le colline esse truppe, molt’ostacolo li fu fatto, tanto che molti soldati tudeschi restarono morti ed altri feriti. E nel medemo tempo si diede principio a battere la città con più palle di cannoni e con mortai di bombe dalle navi, tartane e galere poste tutte vicino la detta città. Bensì solamente in essa città non si gettarono più di cinque bombe, una nel Borgo, una un puoco più lontano, una vicino le mura della città e l’altre due dentro di essa. Peronde, intimorito il presidio spagnuolo e tutti gli cittadini, tentarono rendersi con aver inviato al signor comandante tudesco [un] inviato. E con tutto che avesse uscito tutto il clero col Vicario Generale in forma di processione con le loro vesti sacerdotali, nondimeno non si puotè evitare che nel Borgo non si facesse il sacco da più soldati. Anzi, pretendendosi farsi il consimile dentro la città, ciò non s’eseguì, poiché processe (come si disse) lo sborzo di qualche somma, avendosi fatto contribuzione da quei abitatori di duemila doble d’oro. Con tutto che s’avesse promulgato d’altri essere di cinquemila.

 

5 giugno 1719

Tre disertori spagnoli riferiscono che duemila unità di cavalleria si trovano a Montalbano per essere eventualmente destinate a Francavilla 5 giugno. Comparirono in questo giorno tre desertori spagnuoli, soldati di cavallo, con aversene fuggito dalla terra di Montalbano, da miglia trenta lungi di questa città. Asserirono retrovarsi presso detta terra duemila soldati di cavallo spagnuoli, li quali servono di scorta di tutto il loro esercito, che s’avea retirato nella terra di Francavilla.

 

A bordo di una delle diverse imbarcazioni napoletane e calabresi giunte alle Eolie per saccheggiare Lipari restò gravemente ferito un marinaio proveniente da Bagnara, amputato sia nell’isola che all’ospedale di Milazzo, ove venne condotto successivamente Avendo andato l’armata in Lipari per sottometterla all’arme cesaree a fuoco e sangue tutte le volte che non avesse venuto all’obedienza senza contradizione alcuna. Pure concorsero molte felughe e barche così di Napoli, come di Calabria: adescati di far ancor essi il bottino e provecciarsi col rubbare. Anzi, seguendo il sacco, far compra della robba furata [rubata, ndr] di baratto. Ma ad alcuni non riuscette molto cara la loro ingordigia. Poiché in una di dette barche della terra della Bagnara, attendendosi a provedere in alcun mobile da molti marinari in quella marina, mischiandosi nel conflitto. Et occorse che, disparatosi un cannone dalla città, diede la palla in una tartana contigua alla sudetta barca. E fracassandosi parte della tartana, con un legno restò ferito un marinaro della sudetta barca, con averli tolto la mano destra sino al gomito del braccio. Come pure con averli rotto tutti li dita dell’altra mano sinistra. E benché fosse stato il poveretto - dal chirurgo che si ritrovava sopra l’armata - medicato, non si tagliò il braccio colla proporzione conveniente. Perloché, in questo giorno, fu condotto in questa città. Ed osservato dal chirurgo maggiore nell’ospidale, attestò questi esser necessario per guarirsi che di nuovo si facesse altro taglio in detto braccio, in luogo conveniente. Altrimenti non solo resterebbe con dolori eccessivi per sempre, pure con evidente pericolo di perder la vita.

 

6 giugno 1719

Difficoltà incontrate dal Fusari Grimaldi per la fedeltà manifestata alla corona di Spagna da diverse città dislocate lungo la costa settentrionale della Sicilia, precisamente da Capo d’Orlando a Palermo 6 giugno. Retornò Don Giacomo Fusari e Grimaldi, qual avea partito da questa - sotto li 3 del sudetto mese - con la galeotta o palanza e granatieri per la promulgazione dell’indulto a nome dell’augustissimo imperatore, per quelle parti verso Ponente, nelle terre convincine allo scaro di Capo d’Orlando. Riferì questi essere stato sino al detto scaro colla detta galeotta guernita con li detti trenta soldati granatieri e non aver possuto far alcun disbarco per tutta quella Marina, stante che si ritrovava tutta piena con molte guardie di tutta la milizia del Regno, radunata tanto in detto scaro, come in tutte l’altre parti convicine sino alla città di Cefalù. E da quella sino alla città di Termini. Numerandosi dal detto scaro sino alla prima città miglia cinquanta e da questa all’altra altre miglia cinquanta. Oltre da Termini sino a Palermo pure si ritrovavano altre truppe del Regno, tutte alla devozione del Re di Spagna. Onde, essendoli intercettato il disbarco, fu forzato esso di Fusari retrocedere sino alla città di Patti, ove s’abboccò con quei giurati. E ciò inteso dal generale signor Zumjungen, dal medemo il Fusari ebbe altre commissioni secrete. E l’istessa sera si partì con detta peotta e granatieri per l’istesse parti, dovendo passare innanzi secondo le contingenze. E di più ebbe altre commissioni secrete dal signor generale Mercij, con ampla patente per tutto il Regno.

 

Tornano a Milazzo le truppe imperiali destinate alla spedizione di Lipari, ove trovò la morte un tenente colonnello cugino del generale Wallis, seppellito nella chiesa di S. Francesco di Paola. Ulteriori dettagli sui fatti d’arme di Lipari, che costarono la vita ad alcuni civili Retornarono da Lipari le navi inglesi e le galere con altre quattro galere di Sicilia e tutte le tartane piene di quelle truppe tudesche che ivi s’aveano conferito per sorprendere quell’isola a forza d’arme, tutte le volte che non avesse venuto placidamente all’obedienza dell’arme cesaree. Perloché si verificò la resa di quell’Isola col sacco fatto nel Borgo. E la contribuzione delle duemila doble per non farsi il bottino nella città. Poiché la resa fu a descrizione del signor comandante tudesco. E si disse che il numero dell’uccisi e feriti nel conflitto nella città di Lipari fu di cento e tre. E di più restò morto un tenente coronello tudesco coggino del signor generale Vallais, nominato il conte Vallais. E condotto in questa città si sepellì nella chiesa di San Francesco di Paula. Restò ferito nella testa con una palla. E si construsse una bellissima lapide marmorea affissa nel muro dietro la porta maggiore. Pure furono trasportati prigionieri tutti quei soldati spagnuoli, li quali si ritrovavano di presidio in quella isola al numero di cento e quattro col comandante, qual era un tenente coronello. Con essere stati sequestrati tutti nel Regio Castello d’ordine del signor generale tudesco. Con aversi lasciato di presidio in quell’isola cinquecento soldati tudeschi col comandante, qual fu il signor capitano Cane del reggimento di Paraith.

Riferirono gli tudeschi e napoletani - li quali furono nella città di Lipari in tempo che seguì la resa di essa - aver rimasto (nel conflitto seguito in tempo che le truppe tudesche fecero il disbarco e pretesero ascendere per le montagne) uccisi alcuni paesani con palle di schioppi disparati da dette truppe. Tanto che l’altri se ne fuggirono per non aver possuto resistere alla moltitudine di tanti soldati, li quali si governavano con ogni disciplina militare.

 

Gugliemo Colonna nominato commissario generale Il signor Don Guglielmo Colonna, per li servizij fatti a favore della Cesarea e Cattolica Maestà, conseguì dal signor generale Mercij ampla patente di commissario generale per tutto il Regno. Ed in effetto partì per la città del Castro Reale per commissioni speciali avute dal suddetto signor generale Mercij, comandante.

 

7 giugno 1719

A 7 giugno le galere fecero partenza da questo porto, conducendosi per il Faro della città di Messina.

 

8 giugno 1719

Gli austriaci ancora presenti in città si accampano a S. Giovanni A 8 giugno tutte le truppe tudesche, le quali si retrovavano in questa città, partirono regolatamente squadronate, conferendosi nella Piana. Con aver formato il loro campo fori della città, nella contrata di San Giovanni, dalla parte di sopra vicino le trinciere. [Trincee] che pria teneano gli Spagnuoli sotto il governo del signor conte [marchese, ndr] di Lede. Avendo solamente rimasto in città per comandante il signor coronello Frustersinbuir, con il suo regimento al numero di 1.500 soldati per lo presidio e guarnizione di essa città. Ritrovandosi pure altri cinquecento soldati infermi.

 

Si festeggia il Corpus Domini: salva reale anche delle navi britanniche malgrado non imbarcassero equipaggi cattolici Si fece in questo giorno la sollenne festività del Corpus Domini nella Matrice, con l’assistenza di tutto il clero. Disparandosi tutte l’artigliarie e mortaretti d’ordine del signor coronello comandante in città. Anzi, il medemo la sera precedente volea assistere al Vespro, unitamente colli spettabili signori giurati chiamati per farsi la funzione. Ma fu dissuaso da questi per non puotersi avere la musica, ritrovandosi gli cantanti e sonatori fori della città per non aversi retirato, essendo pure il maestro di cappella nel territorio con altri musici.

Pure a mezzogiorno tutta l’armata navale, qual era approdata nel Porto, fece una sollennissima salva reale, col disparo di tutti gli cannoni per celebrare una così grande festività del Santissimo Sacramento. E le navi inglesi pure fecero la loro salva reale, con tutto che fossero tutti l’Inglesi eretici.

 

Sacerdoti di Lipari sbarcano a Milazzo per recuperare oggetti sacri delle proprie chiese saccheggiati dalle truppe ed acquistati in parte da qualche milazzese Con una feluca si trasferì in questa città, venuto dell’isola di Lipari, il reverendo Don Francesco Canale, paroco di quella, con altri sacerdoti, per puoter recuperare porzione di quel mobile e robba presi dalle truppe tudesche - specialmente superlettili, vesti, libri, vasi ed altro mobile consacrato - dalle chiese nel Borgo di quella città, allorché si fece il bottino. Ricomprandola da questi paesani, li quali si publicò averne comprato da detti soldati di baratto. E benché s’avesse recuperato qualche mobile, nondimeno, fatta ogni esatta diligenza, non si puotè alcanzare [conseguire, ndr] altro, stante che, nel tempo che seguì il sacco dalli soldati in quella città, pure si ritrovavano molti napoletani e calabresi con le loro barche e felughe, conferitisi per far guadagno con bottino. Oltre che della medema nazione esisteano molte e molte tartane, le quali condussero la maggior parte di dette truppe. Ed oltre quello che da essi fu saccheggiato e rubbato, si fece compra del meglior mobile che si prese. Ed il peggio fu che non si puotè recuperare cos’alcuna, quando peraltro tutto quello che s’avea comprato in questa città dagli paesani si restituì per il medemo prezzo da essi sborzato. Magiormente che molto si discorse se detta robba si puotea comprare. Come pure se il baratto meno dell’infimo prezzo, giusta la disposizione dagli canonisti determinata. Almeno colla restituzione, ricevuto il prezzo, ogn’uno di questi abitatori restò saldo in coscienza.

Inoltre [manca il soggetto, ossia i giurati di Lipari, ndr] fecero passaggio da detta città di Lipari in questa, sopra una feluga, solo per rendersi al vassallaggio della Cesarea e Catolica Maestà e darsi alla devozione d’un così gran monarca. Con demostrare la loro fedeltà al signor generale Mercij, comandante, dal quale si ricevettero questi dovuti ossequij, con ogni sodisfazione di detti giurati, li quali restarono molto consolati per l’umanissimo procedere d’un comandante tanto benigno.

 

9 giugno 1719

Imbarcati verso Napoli e la Calabria i militari spagnoli catturati a Lipari 9 giugno. Molte tartane e barche di trasporto da Napoli e di Calabria, le quali aveano venuto coll’armata tudesca, in questo giorno si partirono da questo Porto, instradandosi per li loro paesi. Nelle quali pure furono imbarcati tutti quegli soldati spagnuoli che furono fatti prigionieri, allorché seguì la resa della città di Lipari, ove si ritrovavano di presidio.

 

Giungono dalla Calabria via mare le unità del reggimento di cavalleria Roma Inoltre approdarono in questo Porto, venute da Calabria, molte tartane cariche del restante della cavalleria del regimento del signor generale Roma, la quale non s’avea condotto prima per mancanza d’imbarcazione.

 

10 giugno 1719

Le truppe di cavalleria - 1.200 unità - del reggimento Roma sbarcano alla Tonnara di Milazzo. Il generale Zumjungen continua a soggiornare nel convento di S. Domenico 10 giugno. In questo giorno si principiò a farsi il disbarco di detta cavalleria nella ripa del Porto, bensì fuori la città, vicino la Tonnara nomata di Milazzo. E li cavalli furono al numero di milleduecento, li quali s’accamparono in testa del campo fatto dalle truppe venute con l’armata navale da Napoli e Calabria.

Continuava il signor generale Zumjungen a trattenersi con tutto il suo equipaggio nel convento di San Domenico, ove da principio avea commorato.

 

11 giugno 1719

Sbarcano alla Tonnara di Milazzo altre truppe di fanteria e di cavalleria A 11 giugno molte e molte tartane approdarono in questo Porto venute da Calabria, cariche di molte truppe di fanteria tudesca. Con aver fatto il disbarco nella ripa della Tonnara di Milazzo, fuori della città. Con aversi accampato con l’altre truppe.

La notte trascorsa vennero altri 400 cavalli condotti sopra molte barche da Calabria. Ed in questo giorno si fece il disbarco nella detta ripa della Tonnara, con aversi accampato in detto lido un puoco distante dall’altri.

 

12 giugno 1719

Il duca di Saponara ottiene un falso documento dal generale Mercy per conseguire nella Messina spagnola la revoca sia della confisca dei propri beni che dell’arresto di sua moglie 12 giugno. Sino a detto giorno il Duca di Saponara esistea in questa città con aversi fatto fare li giorni scorsi - a 10 di detto mese - una carta dal signor generale Mercij, che fosse stato arrestato d’alcune truppe tudesche e che per servizio imperiale restò sequestrato in questa città. Volse il sudetto quest’attestazione per aver avuto la notizia che nella città di Messina li furono incorporati [confiscati, ndr] tutti li suoi effetti, con lo pretesto che s’avesse reso all’obedienza dell’arme cesaree. Quando peraltro come messinese dovea seguire il vassallaggio di Filippo Re di Spagna, siccome tutti di quella città manutenevano. E così come rubello, oltre la confiscazione delli suoi beni, pure li fu arrestata la signora duchessa sua moglie. Onde il sudetto signor Di Giovanni fece trasuntare [duplicare, ndr] in publica forma la carta firmata dal detto signor generale Mercij per inviarla in Messina, affinché apparesse che il suo trattenimento in questa città fosse stato non volontario, ma per essere stato arrestato con violenza dalli soldati tudeschi sino dentro la medema terra di Saponara.

 

13 giugno 1719

Sbarcano dalla Calabria 400 muli 13 giugno. Furono condotte con alcune tartane da Cosenza ed altre parti della Calabria in questa città quattrocento mule di carico. Ed infatti principiarono in questo giorno a farsi trasporto con dette mule di molti viveri e provisioni di guerra dalla città al campo tudesco.

 

Stima delle truppe imperiali di cavalleria e fanteria Da molti si disse che tutta la cavalleria, col regimento d’Usseri, che si ritrovava nel campo fosse stata al numero di 5.500. E la fanteria al numero di 25.000. Con aversi condotto da questa città al campo sudetto quasi tutto il bagaglio così degli officiali, come di tutte le truppe tudesche.

 

14 giugno 1719

Quasi tutta la cavalleria imperiale impegnata a caricare sacchi di farina nel centro urbano al fine di condurli al proprio accampamento in vista del viaggio verso Francavilla 14 giugno. Tutta la cavalleria ritrovata nel campo in questa Piana, tolta quella degli Usseri, venne in città, conducendo ogni cavallo un sacco di farina in detto campo. Dovendo fra breve far la partenza in traccia degli Spagnuoli, li quali s’aveano retirato nella terra di Francavilla. Con tutto che non s’abbia saputo per certificato, ma per quello che si potea considerare. Poiché sopra questa partenza si stava con ogni accuratezza, affine di non penetrarsi dagli Spagnuoli. Magiormente che alcuni palesavano che tutto detto esercito prendesse il camino per la Marina o per altra parte seguisse la marcia. Infine non si penetrava distintamente per dove dovesse incaminarsi, con tutto che si sapesse dover seguire la partenza. Tanto più che il signor generale Zumjungen fece togliere dal convento di San Domenico (ove sino a questo giorno avea commorato) tutto il suo bagaglio e l’equipaggio, conducendolo al campo.

 

Bando del viceré marchese di Lede scoraggia le diserzioni, malgrado continuassero anche a metà giugno Di continuo non passava giorno che non avessero venuto in questa città molti e molti desertori spagnuoli, così di cavallo come fanti. Li quali riferivano che a ciurme altri se ne avrebbero fuggito se non fosse stato per il grave spavento che teneano. Poiché il signor marchese di Lede, viceré per parte di Spagna, promulgò che avrebbe donato una dobla d’oro alli paesani tutte le volte che prendessero alcun desertore soldato, conducendolo al suo campo. Tanto che molti catturati furono impiccati: in un giorno solo venticinque conseguirono questo patibolo per aver tentato la fuga ed avere stato trattenuti dalli paesani. Con aver conseguito questi la paga della dobla d’oro per ognuno di essi soldati.